giovedì 22 marzo 2012

OMESSA DIAGNOSI DI MALFORMAZIONE FETALE: L'AVVOCATO RISPONDE

L'AVVOCATO RISPONDE
DIRITTO A NASCERE SE “NON SANI”: RISARCIMENTO DEI DANNI SUBITI DAL PROPRIO GINECOLOGO

LA QUESTIONE:La madre può chiedere il risarcimento dei danni subiti dal figlio a causa di una errata terapia farmacologica, alla quale è stata sottoposta dal proprio ginecologo, durante la gravidanza?
Il risarcimento per il fatto illecito commesso dal medico, sia pure colposamente, è stato oggetto di diverse pronunce della Suprema Corte.
Tralasciando di accertare  in questa sede il tipo di responsabilità del ginecologo in ordine al profilo penale, la delicata questione è stata risolta in un primo momento negativamente dalla giurisprudenza con  la sentenza 14488 del 2004 (Cass. Civ.).
LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA PRIMA:In tale pronuncia si afferma che in tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, l’inadempimento del medico rileva in quanto impedisce alla donna di compiere la scelta, consentita dalla legge in presenza di determinati presupposti , di interrompere la gravidanza se informata delle gravi malformazioni del feto.
Infatti se la paziente viene informata per tempo della patologia della quale è affetto il concepito, ha la possibilità di scegliere rispetto alla prosecuzione della gravidanza, posto che le malformazioni siano già visibili dagli ultimi esami ecografici.
LA TUTELA DEL CONCEPITO: La  sentenza sopra citata sostiene che l’ordinamento positivo tutela il concepito e l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita, e non anche verso la “non nascita”, essendo pertanto (al più) configurabile un “diritto a nascere” e a “nascere sani”.
Sempre secondo questa parte della giurisprudenza, non è invece configurabile in capo al concepito un diritto a “non nascere” o a “ non nascere sano”, come si desume dal combinato disposto agli artt. 4 e 6 della legge 194/1978, in base al quale il diritto di esercitare l’interruzione di gravidanza,  compete esclusivamente alla madre ed  è finalizzato solo ad evitare un pericolo alla salute della gestante; infatti le eventuali anomalie del feto rilevano soltanto nella misura in cui possano cagionare un danno alla salute della donna e non già in riferimento al nascituro.
LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA DOPO: Tale orientamento viene però sconfessato da una recentissima pronuncia ( cass. 10741/2009) la quale statuisce che il concepito,  pur non avendo una piena capacità giuridica, è comunque un soggetto di diritto, perché titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall’ordinamento sia nazionale che sovranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute, all’onore, all’identità personale, a nascere sano. Diritti, questi, rispetto ai quali l’avverarsi della condicio iuris della nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori.

CONCLUSIONI: la Cassazione ha stabilito che la persona nata con malformazioni congenite, dovute alla colposa somministrazione di farmaci dannosi, alla propria madre, durante la gestazione, è legittimata a domandare il risarcimento del danno alla salute nei confronti del medico che ha prescritto quei farmaci, il quale si è reso colpevole due volte: prima per omessa diagnosi e poi per non aver somministrato la corretta dose del farmaco prescritto .
Tanto doverosamente detto, posto che è comunque certamente risarcibile il danno alla salute subito per imperizia del medico durante la vita prenatale, subordinatamente all’evento della nascita (Cass. 5881/2004),   la madre può dunque agire in giudizio nei confronti del proprio ginecologo per vedere risarciti i danni subiti dal proprio bambino, per essere nato non sano a causa della negligenza del medico.






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