martedì 10 aprile 2012

DAP DISTURBO DI ATTACCHI DI PANICO: CARATTERISTICHE E TERAPIA

 ATTACCHI DI PANICO ROMA PSICOLOGI

DAP: DISTURBO DI ATTACCHI DI PANICO






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L’attacco di panico è un disturbo di natura psicologica che si manifesta con sensazioni di intensa paura e/o, appunto, di panico, accompagnate da quattro o più dei seguenti sintomi:
• paura di perdere il controllo o di impazzire; 
• palpitazioni, cardiopalma o tachicardia;
• sudorazione;
• tremori fini o a grandi scosse;
• dispnea o sensazione di soffocamento;
• sensazione di asfissia;
• dolore o fastidio al petto;
• nausea o disturbi addominali;
• sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera, svenimento;
• de-realizzazione (sensazione di irrealtà) o de-personalizzazione (distacco da se stessi);
• paura di morire;
• parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio);
• brividi o vampate di calore.


I sintomi degli attacchi di panico, per la maggiorparte, sono di natura somatica, tanto che dei tredici indicatori evidenziati dal DSM-IV, dieci sono di tale natura, e solo tre si riferiscono ad aspetti psicologici. La caratteristica essenziale del disturbo di cui ci si occupa è la presenza di attacchi di panico ricorrenti, inaspettati, seguiti da almeno un mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico.
 


Come funziona l' attacco di panico?

Chi si è trovato a sperimentare un attacco di panico riferisce di aver provato una devastante sensazione di morire o di impazzire. E se il primo episodio si è verificato all’improvviso e in modo inaspettato, subito dopo subentra il terrore che possa ricapitare e la persona evita di trovarsi nel luogo dove è avvenuto l’attacco. Ciò intrappola la mente in un circolo vizioso limitando enormemente il campo d’azione dell’individuo che, per “paura della paura”, rinuncia sempre più a molte situazioni sociali. In poco tempo dunque si instaura un vero e proprio disturbo che può avere conseguenze importanti, come la depressione.
Ma la sintomatologia dell' attacco di  panico si struttura proprio attraverso le tentate soluzioni che la persona mette in atto nel tentativo di sfuggire alla paura, ed alle reazioni emotive e somatiche che ne conseguono. La prima tentata soluzione disfunzionale che solitamente la persona mette in atto è il tentativo di controllare le proprie sensazioni. Poiché il corpo ha bisogno di quelle sensazioni per potersi sfogare e liberare, il tentativo della mente di inibire e controllare le allarmanti reazioni psicofisiche porta la persona a perdere il controllo, e, senza rendersene conto, proprio perché cerca di controllarle le incrementa. Ciò lo fa spaventare ulteriormente e lo spinge a cercare di aumentare sempre più il controllo fino a generare quel circolo vizioso che porta all’attacco di panico, ovvero al “tentativo di controllo che fa perdere il controllo”. Rapidamente si instaura la paura di trovarsi nei luoghi dove ogni singolo attacco si è verificato e diventa così sempre più difficile uscire da soli e fare qualunque cosa autonomamente senza un aiuto.
 

 Sarà proprio l’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene insieme alla controproducente richiesta d’aiuto, ossia la tendenza ad essere sempre accompagnati e confortati da qualcuno che si presti ad intervenire in caso di crisi di panico e perdita di controllo, che, in poco tempo, porterà la persona a diventare schiava del suo disturbo. Infatti, evitare le situazioni temute, se lì per lì fa sentire salvi, poi ne conferma la pericolosità, così come la propria incapacità di affrontarle costringendo spesso i familiari a farsi carico delle esigenze personali del paziente. Queste strategie purtroppo hanno “l’effetto iniziale di rassicurazione ma poi conducono all’aggravamento della paura e dei suoi effetti limitanti e sintomatici, poiché proprio il fatto di evitare e di avere bisogno di qualcuno accanto pronto a intervenire in aiuto, conferma al soggetto bisognoso la sua incapacità di fronteggiare le situazioni e gestire le proprie reazioni” (Nardone G., Oltre i limiti della paura, p. 21). Questo processo tende a generalizzarsi, funzionando come una vera e propria “profezia che si autodetermina”, fino a divenire un’assoluta necessità che conduce la persona a sviluppare forme gravi di disturbo fobico.

E a questo punto che fare? Come uscire dal vortice di paura nel quale ci siamo ingabbiati?

Nel corso degli ultimi vent’anni la Terapia Breve Strategica ha messo a punto degli specifici protocolli di intervento per curare questo disturbo, che hanno mostrato livelli di efficacia (risultati ottenuti) e di efficienza (tempo impiegato) sorprendenti. Oltre il 90% dei casi di Attacchi di Panico trattati con la Terapia Breve Strategica, ottengono una remissione completa dei sintomi in tempi brevi (una media di sette sedute).
 
In definitiva, aiutando il paziente con attacchi di panico a interrompere le tentate soluzioni disfunzionali e rompendo così il circolo vizioso di percezioni e reazioni patogene, gli si regala una nuova vita in cui agire e cimentarsi mettendo a frutto le proprie risorse personali in cui la paura non fa più paura, bensì diviene coraggio di vivere.
 
Come ha scritto Angelo D’Arrigo, un noto atleta di sport estremo: “Spingendo quotidianamente un po’ più in là i nostri limiti riusciamo, poco alla volta, a superare le paure che vietano o limitano il pieno possesso della nostra esistenza”.
 

Istituto per la Ricerca in Psicoterapia

Bibliografia
Cagnoni F. Il trattamento strategico evoluto del disturbo da attacchi di panico, Rivista Europea di Terapia Breve Strategica e Sistemica N. 1, Arezzo, 2004.
Nardone G., Watzlawick P. (1997), Terapia Breve Strategica, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Nardone G. (1993), Paura, panico, fobie, Ponte alle Grazie, Milano.
Nardone G. (1999), Psicosoluzioni, BUR, Milano.
Nardone G. (2000), Oltre i limiti della paura BUR, Milano.
Nardone G. (2003), Non c’è notte che non veda il giorno, Ponte alle Grazie.
Gabbard, G. (2007), Psichiatria Psicodinamica. Quarta Edizione. Raffaello Cortina Milano.






ATTACCHI DI PANICO: COME FUNZIONANO?